La piccola Kelidonio by Gian Pietro Lucini

La piccola Kelidonio by Gian Pietro Lucini

autore:Gian Pietro Lucini [Lucini, Gian Pietro]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


XI. … a …

«Afferra al volo questo pomo che ti vien gettato, nascondilo. È gravido di me; testé, quando sarai sola, leggimi. Qualcuno che ti ama mi ti ha fatto cadere in grembo. Ricevimi, ed in iscambio promettigli un bacio. Bene, se sì: se tu ricusi, ancora bene. Il pomo si è ammaccato cadendo e presto rinnerirà, guastandosi. Rifletti; tu sei fresca come ora la mela, lucida ed invermigliata, ma durerai poco, come la mela».

XII. Melissarion a Glycera

Strana in vero è questa rondinella di cui indirizzasti il volo verso di me, ed incominciai ad uscire dalla consuetudine quando me la vidi così davanti dorata e non nera e d’argento come le altre che trillano pel cielo. Poi, per cercare di comprenderla meglio ho voluto prodigarle tutte le mie amorevolezze, cercando di rammollirla al fuoco de’ miei affetti: perché tu sai che cera vergine è poco malleabile e mal si presta alla forma, se prima non sia tenuta calda nel palmo della mano, e ben carezzata e lisciata, in fine si arrende. Ma fu come se avessi segnata un’altra bianca linea sul bianco della cerussa, che quella su questa si confonde: o pure, per quanto tempo dura il solco del remo nell’acque del mare? Subito dopo la superficie si ricompone e non lascia traccia per dove il burchio sia trascorso.

M’ascolta ella, e in che mi giova? È selvatica ed amorevole ad un tempo; ti mostra attenzione con piacere, ma non fa quanto le consigli; promette pensando ad altro e canterella come una schiavetta Skyta se tu le ragioni. Poi se risponde taglia la fiamma, soffia nella rena, ribatte un chiodo colla spugna, tanto sa d’eloquenza e, a suo profitto, la sfoggia; o celia. Tu la vedi, appoggiata un poco la guancia sulla sinistra e l’altra sul fianco, figgerti li occhi addosso, dopo la sua omelia, contenta d’averti sì o no persuasa, ma in fine ridotta a tacere e non in collera con lei. Sai tu che ella pensi veramente?

Io le dico e la rampogno dolcemente: «Eros sdegna i superbi ed alla fine li fa arrabbiare d’amore per qualche indegno, e questa è la più terribile disgrazia che ne possa cogliere. Se tu tiri troppo la corda ti si rompe in mano. Tu sei in casa di Melissarion, sei bella, sapiente; tutti traggono a te, e tu ti rifiuti: spiegami l’enigma. Tu passeggi sulla gettata, fiorita come la primavera e come un mandorlo olezzante; strepiti colle maniglie che sai leggiadramente agitare; ti premi colla punta delle dita leggermente il seno, sospirando, come gesto amatorio; e non vuoi che dalle unghie si conosca il leone! Dimmi tu come qualcuno dall’aspetto tuo non sarebbe preso a trattarti subito con dimestichezza: e ti lagni? Sei più casta d’Arthemis; fai arrossire le mogli de’ magistrati perché Ampelide, quella del Dikajodele, non può vantare come te pudore e riserbatezza; ma, cara mia, ripeto, quando si è in casa di Melissarion, queste sono virtù fuori di posto, e per di più pericolose. Tant’era buscarsi, bambina, per tempo



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